Le vicende storiche legate a Bormio e al suo territorio sono talmente peculiari e importanti che abbiamo pensato di farne un breve sunto per permetterVi una migliore comprensione della "realtà separata" di questa antica contea. Siamo infatti in Valtellina, tuttavia anche al visitatore più distratto, balzano agli occhi differenze piccole e grandi, che si rispecchiano - in primo luogo - nell'impianto urbano dell'abitato e nella tipologia delle sue costruzioni. Data la particolare posizione, sia in termini strettamente locali, sia in rapporto con l'orografia alpina, l'abitato di Bormio ha avuto una sua particolare e fortunata evoluzione.
La sua crescita fu graduale ma, già nel '300, il paese aveva l'aspetto e l'organizzazione di una vera e propria piccola città grazie alla felice amministrazione di governi illuminati. Si pensi solo all'iniziativa del Liber Stratarum, censimento delle strade e del suolo pubblico, voluto dal podestà del tempo per impedire abusive occupazioni di spazio da parte dei privati: è questo il motivo per cui le strade della Bormio medievale sono più larghe e spaziose di quelle di altri centri analoghi.
Anche l'abitazione diviene, nel tempo, sempre più confortevole e razionale, assumendo una sua originale tipologia. L'ingresso unico, formato da un grande arco con portone, immette in un androne da cui è possibile accedere alle stalle (seminterrate), al fienile e alle cantine oppure all'abitazione. Quest'ultima è composta da un'unica grande stanza, la stüa, coibentata con pannelli di legno e riscaldata da una pigna (stufa), la cui accensione avviene dall'esterno per evitare di affumicare il locale. Nella stüa si trovano il letto matrimoniale e anche i letti dei bambini; il locale è collegato con la cucina tramite un'apertura passa vivande, la giugarola. La cucina ha un grande focolare, il forno per il pane, un ripostiglio e la dispensa.
Le case dei patrizi e dei nobili presentano notevoli abbellimenti e sono più spaziose, soprattutto nella parte abitativa. Tale situazione è stata mantenuta fino ai primi del '900, poi le più moderne tecniche costruttive e il mutare delle condizioni socio-economiche hanno imposto il graduale abbandono di questo modello abitativo in favore di soluzioni meno suggestive ma più confortevoli. L'antico passato di potenza e ricchezza traspare ancora dagli edifici del centro storico, di quello che per molti secoli fu un perno importante nelle comunicazioni fra il sud ed il nord di questo settore alpino.
La prima colonizzazione sicura di
questo territorio può essere fatta risalire all'Età del Bronzo e,
probabilmente, fu dovuta a qualche tribù del popolo del Reti, che in tutto
il settore centro alpino diede vita ad una fiorente civiltà. Per tutte le
popolazioni alpine le acque termali avevano un significato sacro e di certo
quelle di Bormio contribuirono ad accrescere l'importanza della località
anche come luogo di culto. Lo stesso nome, Bormio, è collegato al termalismo:
potrebbe derivare dal celtico "Worm" oppure da "Borvo" o "Borno", dio
gallico delle località termali della Savoia.
Nel 15 a.C., dopo lungo tempo, i Romani vinsero le ultime resistenze delle
popolazioni locali. La dominazione romana portò notevoli miglioramenti alle
condizioni della viabilità locale, senza tuttavia mai arrivare alle grandi
opere effettuate in altre valli alpine, e Bormio, oppidum turritum,
godette di una certa tranquillità finché, con il declino dell'impero,
giunsero i barbari, Di certo passarono i Goti e per lungo tempo dominarono i
Longobardi, ai quali va forse il merito di aver aperto l'importante via di
comunicazione, poi divenuta nota come "Via Imperiale di Alemagna", che,
transitando fra le due torri gemelle del passo di Fraele, collegava il Bormiese con l'Engadina.
Nel corso del X-XIll secolo si susseguirono molteplici contese fra i
vescovadi di Coira e di Como per il possesso del territorio, ma su tutto ciò
prevalse l'abilità dei Bormiesi che seppero strappare, di volta in volta,
dai vari signori di turno diritti e privilegi che accrebbero la loro
autonomia. Da qui all'istituzione di un potere comunale, con le sue leggi e
il suo governo il passo non fu difficile. Nel XIV secolo Bormio entrò, con
tutta la Valtellina, sotto l'influenza dei Visconti che, con la Magna
Charta Libertatis Burmii, aumentarono ancor più l'autonomia della
"Magnifica Terra" che, per oltre un secolo, godette di un periodo di
prosperità. Tale età d'oro fu interrotta nel 1487 dall'invasione della
Valtellina da parte della Leghe Grigie e, quasi a presagio di un mutare
delle condizioni future, per ben tre volte (1468, 1476, 1495) un'epidemia di
peste s'abbattè sul Bormiese. Seppure sotto forma di protettorato come per
Chiavenna e con notevoli differenze di governo rispetto
al resto della
Valtellina, il territorio rimase sotto i Grigioni, fino al 1797 quando
Bormio fu annesso alla Repubblica Cisalpina e poi al Regno d'Italia.
Dopo il Congresso di Vienna giunse, infine, la dominazione asburgica che
riportò un po' di splendore nella "Magnifica Terra", soprattutto grazie a
un'accorta e lungimirante amministrazione e alla realizzazione di numerose e
importanti opere, tra cui la strada del Passo dello Stelvio.
Nonostante ciò il dominio straniero era mal sopportato e molti bormini si
distinsero durante le tre guerre d'indipendenza. Memorabile resta l'episodio
legato all'azione dell'eroe locale, la medaglia d'oro tenente Battista
Pedranzini. Con solo quattro uomini, residuo di un più consistente manipolo
di quaranta, dopo aver scavalcato l'impervia muraglia della Reit ed essere
sceso sul versante opposto, il tenente prese alle spalle, catturandolo,
l'intero presidio austriaco di 65 soldati, che ancora si annidava nella
Valle del Braulio. Dopo questi avvenimenti, il territorio fu definitivamente
unito al Regno d'Italia nel 1859.