Camminate,
escursioni, ascensioni... ogni visitatore può, in base alle proprie
preferenze, trovare nel Parco ciò che desidera. Panorami stupendi,
natura incontaminata, flora e fauna protette: cos'altro si può
desiderare per una vacanza "disintossicante"? Anche la stagione
invernale si presta a visite molto interessanti, sia per chi ama lo sci
escursionismo e lo sci alpinismo, sia per chi preferisce percorrere a
piedi i fondovalle. Strade di fondovalle ed una rete di sentieri ben
curata e segnalata permettono di raggiungere senza pericoli i punti più
suggestivi.
Il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio in collaborazione con le Guide Alpine convenzionate organizza soprattutto durante la stagione estiva ma anche durante il resto dell'anno escursioni a carattere naturalistico; per la partecipazione a queste escursioni si richiede il pagamento di un piccolo contributo in base al tipo di escursione.
Istituito nel 1935 sul
territorio di quattro province (Sondrio, Brescia, Trento e Bolzano) e
con un’estensione di oltre 134.000 ettari, il Parco Nazionale dello
Stelvio è il più grande tra i parchi storici italiani. Custode di un
indiscusso patrimonio ambientale trova nella presenza antropica una
delle sue principali peculiarità: i reperti storici testimoniano che la
colonizzazione dell’attuale area protetta da parte di tribù retiche
risale al 1000 a.C.
Oggi entro e lungo i confini
del Parco risultano distribuiti una ventina di centri abitati con una
popolazione che supera le 60.000 unità; numerosi sono poi gli edifici
rurali (risalenti anche al Seicento) che caratterizzano il paesaggio
fino agli alti pascoli. Proprio questi ultimi, situati tra prati
falciabili, vicino ai coltivi o tra le praterie in quota, rimangono a
testimoniare la vocazione agro-silvo-pastorale dell’economia locale.
La
flora del settore lombardo del parco è estremamente varia:
infatti l’escursione altimetrica tra il punto più basso, circa 1000 m in
prossimità di Sondalo, e quello più alto, 3860 m sulla vetta del Gran
Zebrù, unitamente ad una gran varietà di situazioni pedologiche,
giaciture, esposizioni, microclimi particolari, fa sì che un gran numero
di specie vegetali possano trovare il proprio habitat.
Importantissima è la flora specializzata di biotopi, quali acquitrini,
stagni, rive di laghetti, torbiere, greti di fiumi. Tra le specie più
rare si ricordano la primula della val Daone, sulle rupi del Gavia, la
sassifraga di Vandelli in val del Braulio, la miricaria germanica nel
greto del Frodolfo, il garofano dei ghiacciai in val Cedec, il
semprevivo di Wulfen nei pascoli sterili, la pianella della Madonna nel
Parco dei Bagni di Valdidentro, assieme a molte altre orchidee
Nel settore lombardo del parco
vivono tutti i rappresentanti della tipica fauna alpina, ad
eccezione dei grandi predatori estinti per azione dell’uomo fin dal
secolo scorso.
Un migliaio di cervi, altrettanti camosci, varie centinaia di stambecchi
e caprioli popolano oggi tutte le valli lombarde del parco.
La val Zebrù è in assoluto la valle più ricca di selvaggina.
Molti altri sono gli esemplari della fauna del parco: la marmotta,
l’ermellino, gli scoiattoli rossi e bruni, il raro tasso, la volpe e la
lepre alpina.
L’avifauna è ricchissima: le aquile vivono in almeno dieci coppie in
tutto il settore lombardo del parco e recentemente è ricomparso
l’avvoltoio degli agnelli.
Vi sono poi picchi, corvidi, passeriformi e tetraonidi
Per
quanto riguarda le montagne e le rocce, il territorio del Parco
Nazionale dello Stelvio può essere considerato formato da due unità
tettoniche sovrascorse l’una sull’altra durante i movimenti orogenetici
che causarono la formazione della catena alpina. La val Zebrù, con i
suoi due versanti di natura litologica completamente diversa, è il luogo
dove questo fenomeno è più facilmente comprensibile: infatti le rocce
del versante sinistro sono di natura metamorfica, mentre quelle del
versante destro sono di natura sedimentaria.
Circa i 4/5 del territorio lombardo del parco sono costituiti da rocce
metamorfiche e le cosiddette filladi di Bormio ne costituiscono l’unità
litologica fondamentale.
Un cenno a parte meritano gli affioramenti magmatici che hanno dato
luogo a giacimenti minerari conosciuti fin dall’antichità: in alta val
Zebrù la Cima della Miniera con minerali di ferro e rame, e il Pizzo del
Ferro in val Fraele.
Il settore lombardo del parco
comprende la più estesa area glaciale delle Alpi Centrali. Il
celebre
ghiacciaio dei Forni si trova interamente in Lombardia, si estende per
circa 13 km2 nell’omonima valle a nord di Santa Caterina ed è per
estensione, aspetti paesaggistici e vicende storiche, uno dei ghiacciai
più frequentati e studiati dell’arco alpino.
Nell’area del Passo dello Stelvio-Livrio è possibile ammirare l’altro
grandioso spettacolo dei ghiacciai delle Cime di Campo, del Cristallo,
della Thurwieser e del Madaccio. Altri ghiacciai famosi sono la Vedretta
dei Castelli, che scende sui ripidi fianchi del Confinale in alta val
Zebrù, quelle della Miniera, dello Zebrù e di Campo.
Questi ghiacciai, con le montagne che ne delimitano i bacini, oltre ad
essere stati testimoni delle battaglie più alte della storia, furono la
sede delle prime esplorazioni alpinistiche e sono ancora oggi meta di
alpinisti provenienti da ogni parte del mondo.
Il versante valtellinese del
parco è caratterizzato da precipitazioni relativamente scarse,
dovute all’orientamento est-ovest della vallata nelle sue parti
inferiore e mediana ed alla protezione esercitata a nord dalle elevate
catene montuose del gruppo dell’Ortles-Cevedale.
La distribuzione delle piogge è di tipo continentale, con inverni rigidi
e asciutti, giornate serene ed estati fresche in cui si concentra la
massima parte delle precipitazioni.
I
corsi d’acqua principali sono l’Adda e il torrente Frodolfo che,
alimentati dalle acque di torrenti laterali, hanno inciso i versanti
andando ad occupare ed approfondendo il solco delle valli glaciali.
Alla confluenza di questi corsi d’acqua laterali con il fondovalle
principale, si sono formati conoidi di deiezione e piani alluvionali
fertili, favorevoli sia all’insediamento di una vegetazione naturale che
all’insediamento umano. La porzione di parco ricadente nel territorio di
Livigno ha la peculiarità di appartenere geograficamente al bacino
imbrifero del Danubio, per cui le acque dello Spöl non scendono verso il
Mare Adriatico, ma verso il Mar Nero. I laghi alpini, di rilevante
valore ecologico oltreché paesaggistico, punteggiano il territorio
d’altitudine, occupando piccole conche glaciali formate da sbarramenti
morenici.
Il Lago Bianco del Gavia, il Lago Nero di Trela, il Lago del Confinale,
il Lago della Manzina, quello delle Rosole, i laghetti d’Alpisella sono
i più importanti e caratteristici.
Non possono essere trascurati, per il settore valtellinese, i grandi
laghi artificiali di San Giacomo e di Cancano, in Valdidentro, e quello
di Livigno, realizzati a partire dagli anni trenta e quindi preesistenti
all’istituzione del parco.
Essi, pur nella loro artificialità, costituiscono comunque un elemento
ormai consolidato del mosaico paesaggistico del Parco Nazionale dello
Stelvio, contribuendo non poco a determinarne il quadro ambientale,
ecologico ed antropico.
Le valli del parco conservano
ovunque testimonianze di architettura rurale, che possiamo
ritrovare
indiverse tipologie: dalle più antiche interamente in legno, con nuclei
che risalgono al XVI secolo, a quelle più recenti miste in pietra e
legno o interamente in pietrame.
Queste dimore, ricordate in alcuni documenti a partire dal XIII secolo,
sono il segno della civiltà contadina su cui fondavano la loro economia
le comunità delle alte valli valtellinesi e camune comprese entro i
confini del parco.
Significativo ricordare che, nella sola Valfurva, esistono più di 500
esempi di queste baite.
Un cenno a parte merita il termalismo, legato alla presenza di sorgenti
termali nelle aree dei Bagni Nuovi e dei Bagni Vecchi ed allo
stabilimento termale di Bormio.
Fonti ferruginose esistevano a Santa Caterina Valfurva e si trovano
ancora nel settore camuno presso Sant’Apollonia. Importanti le antiche
vie di comunicazione, ben conosciute in epoca medioevale, che
testimoniano come Valtellina e valle Camonica fossero percorse fin da
quei tempi da eserciti, viaggiatori e commercianti; basti ricordare la
Via Imperiale che collegava Venezia con il Tirolo e l’Alemagna passando
per il Passo Gavia e la valle di Fraele, e la strada dello Stelvio, uno
dei valichi oggi più conosciuti ed apprezzati delle Alpi.
Il
settore valtellinese del parco è caratterizzato dalla presenza di
ecosistemi forestali notevoli.
Il versante orografico sinistro della Valfurva è ricoperto da un’estesa
copertura di abete rosso, pino cembro e larice, che rappresenta la più
bella foresta d’alto fusto di conifere dell’intera Valtellina.
La bassa valle dei Forni è interessata dalla presenza di una pineta pura
di pino cembro, un esempio importante delle foreste di clima
continentale freddo delle valli alpine interne.
Tutto il versante della cresta di Reit, del Monte Scale e della valle di
Fraele è ricoperto da estesissime formazioni di pino mugo che
rappresentano, per estensione, il popolamento più importante delle Alpi
Centrali italiane.
Accanto alla forma prostrata assai comune nelle Alpi Orientali, il pino
mugo nella valle di Fraele si presenta anche con la forma eretta più
frequente nei settori occidentali del suo areale e nelle valli
engadinesi.
Particolarmente interessante è il complesso di brughiere di altitudine
che si estendono al di sopra del limite del bosco.
Attigue ai pascoli ed ai maggenghi di valle si colorano d’oro nei mesi
autunnali regalando suggestioni indimenticabili.
Il
parco in cifre
134.620 ettari di superficie
3905 m la quota massima (Cima Ortles)
650 m la quota minima (Laces in Val Venosta)
Oltre 2000 le specie floristiche
Dai 5000 ai 7500 il numero di cervi
6500 camosci censiti
1000 stambecchi stimati
1200 chilometri di percorsi percorribili