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Possiamo iniziare la visita al
paese partendo dai semafori che si incontrano sulla SS 38, poco dopo
l'ingresso dell'abitato. Sul lato sinistro della strada sorge la sobria
costruzione della chiesa di S. Barbara, eretta nel 1812 come ex voto
dopo un'epidemia di peste nel luogo aperto dove, per ragioni di igiene,
si tenevano le pubbliche adunanze. Riattraversata la statale, si imbocca
la prospiciente via al Forte, abbellita dalla dimora patrizia degli Anzi
(XV secolo), con le sue grandi finestre protette da inferriate in ferro
battuto. Circa a metà della via si prende a sinistra Via Pedranzini, ove
sorge l'omonima casa che conserva stemmi delle Leghe Grigie (XVII
secolo) e, all'esterno, la porzione di un'antica torre con finestrella
trilitica. All'angolo con via Bardea sorge la casa Bardea-De Simoni (che
ha sul portale uno stemma molto bello) e, poco oltre, l'antica casa De
Simoni. Al n° 19 si trova l'edificio dell'Antica Dogana a nordovest del
borgo (Casa Cantoni-Confortola), che serviva al controllo dei traffici
con i valichi della Valle del Braulio e del Livignasco. Il porticato
interno conserva un'interessante colonna cinquecentesca.
Al termine della via si prende a sinistra la Via Mosconi in fondo alla
quale, su una piazzetta acciottolata con fontana, posta poco sotto il
livello stradale, si affaccia la casa Berbenni-Garzetti, autentico
esempio di dimora rurale bormina. Si giunge, quindi, in Via Monte
Braulio dove si trova la Casa Castellazzi-Cola (XV sec.), sulla cui
facciata è ancora visibile uno sbiadito affresco attribuito a Giovannino
da Sondalo. Percorrendo verso destra la Via M. Braulio si entra, a
sinistra, in Via S. Francesco. Ad un trivio si prosegue diritti, lungo
la stretta Via del Buon Consiglio, ove sorge il Palazzo De Simoni, ora
sede degli uffici comunali e del museo. Il palazzo é una grande dimora
fortificata, con una bella torre medievale certamente di costruzione
anteriore al resto dell'edificio. L'interno del palazzo conserva ancora
i locali, realizzati secondo la tradizione locale, e la bellissima
stüa.
Al termine della via, nella Piazzetta Buon Consiglio, sulla casa
Giacomelli-Compagnoni si potrà notare un affresco che raffigura il più
antico stemma nobiliare della contea di Bormio, risalente a un ignoto
casato del XIV secolo. Poco più avanti si entra in Via della Vittoria e
nella successiva Via Alberti, passando per il "quartiere Alberti", serie
di costruzioni medievali con tanto di castello, di cui restano le mura
merlate e le quattro torri, Sulla destra è già visibile la Torre delle
Ore; alla sua altezza si prende a sinistra un vicolo che porta in Via
Borche, dalla quale, pochi metri più avanti, si stacca sulla sinistra la
Via Castello. Si percorre questa strada fino a traversare Via Santelon
e, salendo, in pochi minuti si perviene ai ruderi del castello di San
Pietro (XIII secolo). A fianco del castello si trovava la chiesa coeva
dei Santi Pietro Paolo e Andrea, andata distrutta in un incendio nel
1817. Ripercorrendo il tragitto a ritroso, si torna alla Torre delle Ore
e, per il vicolo della Stretta dei Morti, ci si porta nella sottostante
Piazza Cavour, centro storico del paese.
La Torre delle Ore, che un tempo faceva parte del "quartiere Alberti",
fu donata dalla famiglia alla comunità, dopo la distruzione del castello
di San Pietro ed eletta a torre civica. Il suo nome deriva dalla
meridiana inserita nel muro e dipinta da Menico Nesini. Già esistente
nel XIV secolo la torre ospitava la "Baiona", l'enorme campana che
chiamava la popolazione in adunanza e scandiva i tempi del pericolo, ma
anche quelli della letizia.
Per l'eccessivo "lavoro" al
quale fu sottoposta annunciando il micidiale attacco delle milizie
viscontee nel 1376, la campana crollò al suolo. Fu poi rifusa nel 1488 e
l'anno seguente fu rimessa al suo posto nella torre che, nel frattempo,
era stata innalzata di un piano. La campana pesava ben 29 quintali, ma
dopo l'incendio della torre, avvenuto nel 1855, il peso fu ridotto a
24,5 quintali.
Sotto la torre, affacciato sulla piazza, si trova il celebre "Kuèrc", la
tettoia ad anfiteatro risalente al XIII sec. dove si tenevano le
riunioni del Consiglio. Sempre in Piazza Cavour sorge la chiesa
collegiata dei SS. Gervasio e Protasio; esistente già nel IX secolo, fu
devastata dagli Svizzeri nel 1620, e distrutta dagli Spagnoli l'anno
successivo; fu poi ricostruita in due riprese fra il 1626 ed il 1641.
La facciata, che anticamente doveva essere per buona parte in legno,
presenta un bel portale in pietra verde della Val Campello; il suo
rifacimento fu opera del luganese Gaspare Aprile.
All'interno della chiesa si trovano otto cappelle laterali; nella prima
di sinistra è conservato il fonte battesimale sormontato da un tempietto
ligneo di forma ottagonale, opera di Giovanni Tedesco (1648). L'abside
ospita il coro ligneo intagliato dai fratelli Fogaroli di Bormio (XVII
secolo). Sotto l'imponente organo si trovano altre opere lignee di
discreta fattura e a grandezza naturale, raffiguranti San Giuseppe d'Arimatea,
la Madonna e le cinque Pie Donne. Sul pulpito si può ammirare lo stemma
degli Imeldi intrecciato con quello dei Foliani, forse la migliore opera
di intaglio conservata nella chiesa. A fianco della chiesa sorge
l'antico e slanciato campanile, con i suoi finestroni ogivali, rifatto
nel 1551 e completamente restaurato nel 1927.
Andando a sinistra si entra, ora, in Via Morcelli che si percorre fino
all'incrocio con Via Ripa Guardia, ove sorge l'imponente edificio
dell'Antica Dogana di sud est. Nelle sue vicinanze passava la "Via
Imperiale" che serviva al transito delle merci che, provenienti dal
Ducato di Milano e dalla Repubblica Veneta, giungevano dal passo del Gavia, per proseguire in Engadina e Tirolo.
Volgendo a destra, si giunge poi al trecentesco Ponte di Combo, con la
sua bella arcata stesa sul torrente Frodolfo e le due cappellette che si
fronteggiano al centro. Al di là si entra in Via Marconi, ove sorge la
Casa lmeldi, bell'esempio di abitazione fortificata e pregevole per la
sua grande finestra trilitica, con coronamento a timpano della facciata.
Proseguendo in Via Marconi, fra ben conservate abitazioni rurali, si
giunge al piccolo dosso ove sorge la chiesetta del Sassello (o della
Pazienza) risalente al XIV secolo, con il caratteristico campaniletto.
Prendendo un vicolo sulla destra si giunge, in breve, all'incrocio con
Via S. Antonio ove si possono ammirare, separate da una cappelletta, le
case Zuccola e Settomini; l'ingresso della prima è arricchito da un
pregevole affresco di Giovannino da Sondalo raffigurante la Madonna
incoronata col Bambino e i Santi. Poco più avanti si trova la chiesa di
S Antonio Abate o del Crocifisso, fondata nel 1368. Al suo interno sono
conservati numerosi affreschi rappresentanti la Crocifissione e un
Cristo ligneo, opere di un
intagliatore locale del XVI secolo. Il
crocifisso viene periodicamente portato in processione, secondo una
tradizione iniziata nel 1733. La chiesa ha una sola navata: la pala
dell'altare maggiore raffigura Sant'Antonio ed è opera del bormiese
Carlo Marni, la volta è affrescata con immagini dei Quattro Evangelisti
attribuite ad Antonio o Abbondio Canclini (altri li attribuiscono a
Girolamo Romanino, della scuola di Moretto da Brescia).
Concludendo il giro di questa parte della cittadina, torniamo al ponte e
alla Dogana di sud est imboccando a sinistra la Via Morcelli, che si
percorre tornando nella piazza del Kuèrc (Piazza Cavour). Da qui si
entra, quindi, in Via De Simoni, una delle più rappresentative del borgo
con le sue case risalenti al XVI e al XVII secolo. All'incrocio con Via
del Ginnasio si trova la chiesa di S. lgnazio costruita tra il 1635 e il
1674 dai Gesuiti. La pianta ottagonale presenta quattro lati più brevi e
quattro più lunghi, che si alternano. Proprio di fronte alla chiesa,
sull'altro lato della via, sorge la Casa degli Alberti, ora sede della
biblioteca civica sulla cui facciata si possono notare i colorati stemmi
di Luigi XI e dei Visconti. Più avanti, in fondo alla via e sulla
destra, si trova la Torre degli Alberti dalle finestre medievali con
mensoloni, che sporgono nella parte alta e che forse servivano a
sostenere una struttura sporgente lignea.
Tornati in Via De Simoni si continua per essa, lambendo altre antiche
case patrizie: Casa Lumina, il cui portale principale é arricchito
dall'affresco di Castore e Polluce, il Palazzo Nesini e nell'ordine, le
case Ferrari, dal magnifico portone ligneo, Zampatti (1594), Motta
(1623) e Schena (1676). Prendendo a sinistra Via Trento, si sbuca poco
dopo in Via Roma, cuore commerciale della Bormio turistica.
Andando a destra si giunge, in breve, nella piazzetta ove sorge la
chiesa di S. Vitale del XII secolo, una delle più antiche del borgo. Gli
affreschi esterni sono del Trecento, ma è purtroppo scomparso il grande
affresco raffigurante San Cristoforo che si trovava sulla parte destra
della facciata. A questa immagine era collegata la credenza che chi
l'avesse guardata per un giorno intero non avrebbe dovuto temere
malanni. Oltre Via Roma si prosegue nella breve Via IV Novembre, nei
pressi della quale sorge il trecentesco edificio della ex chiesa di S.
Spirito, oggi proprietà del Comune di Bormio. Purtroppo le varie
destinazioni d'uso subite hanno contribuito non poco al degrado dei
preziosi affreschi che ne abbelliscono gli interni.
Il museo, aperto cinque giorni
alla settimana, è ospitato nell'ala settecentesca del Palazzo De Simoni. In
esso sono conservate opere di grande pregio fra cui le ancone lignee di
Bartolomeo Paruta (XVII secolo), del Malacrida (XV secolo) e quella con tela
attribuita a Vittoria Ligari. Notevoli sono alcuni dipinti fra i quali
spicca il San Ranieri, opera dell'Hayez, di proprietà della chiesa della
Cantoniera dello Stelvio, alla quale fu donata nel 1832, dall'arciduca
Ranieri, in occasione del suo passaggio per la strada dello Stelvio.
Fra le altre testimonianze del passato storico si ricordano il calco in
gesso del bassorilievo celto-etrusco trovato a San Vitale, gli "Statuti
civili e criminali della contea di Bormio" e una serie di ex voto locali
autenticamente naif ed estremamente utili per gettare, seppure da lontano,
uno sguardo sulla vita di tutti i giorni dei bormini d'un tempo. Il settore
etnografico è forse quello di maggiore interesse; in esso sono ricostruiti,
e perfettamente conservati, gli ambienti della vita comune degli abitanti
locali e i loro attrezzi di lavoro.
Accanto a queste testimonianze si trovano anche quelle che dimostrano come,
da secoli, Bormio sia un importante punto di passaggio: la diligenza del
servizio fra Bormio e il Tirolo e le slitte usate dagli operai della
manutenzione stradale di un tempo.
Si ricorda, inoltre, l'archivio fotografico con le 350 lastre del fotografo
Passino che documentano la Bormio dei primi del Novecento.