La Ricetta dei pizzoccheri:
Ingredienti (dosi per 4
persone)
400 g di farina di grano saraceno
100 g di farina bianca
200 g di burro
250 g di formaggio Valtellina Casera dop
150 g di formaggio in grana da grattugia
200 g di verze
250 g di patate
uno spicchio di aglio, pepe
Preparazione:
Mescolare le due farine, impastarle con acqua e lavorare per circa 5 minuti.
Con il mattarello tirare la sfoglia fino ad uno spessore di 2-3 millimetri
dalla quale si ricavano delle fasce di 7-8 centimetri. Sovrapporre le fasce
e tagliarle nel senso della larghezza, ottenendo delle tagliatelle larghe
circa 5 millimetri.
Cuocere le verdure in acqua salata, le verze a piccoli pezzi e le patate a
tocchetti, unire i pizzoccheri dopo 5 minuti (le patate sono sempre
presenti, mentre le verze possono essere sostituite, a secondo
delle stagioni, con coste o fagiolini).
Dopo una decina di minuti raccogliere i pizzocheri con la schiumarola e
versarne una parte in una teglia ben calda, cospargere con formaggio di
grana grattugiato e Valtellina Casera dop a scaglie, proseguire alternando
pizzoccheri e formaggio.
Friggere il burro con l'aglio lasciandolo colorire per bene, prima di
versarlo sui pizzoccheri.
Senza mescolare servire i pizzoccheri bollenti con una spruzzata di pepe.
Vai alla pagina delle ricette Valtellinesi
La Storia dei Pizzoccheri
Secondo lo studioso Sertoli Salis
il termine pizzoccheri, il cui nome costituirebbe
l'equivalente di pinzocheri, indicherebbe "persone
bacchettone", di poco conto. Più che di modestia si tratta certamente di una
certa inclinazione all'uso di nomi scherzosi come lo è ad esempio il termine
sciatt, che per l'originaria forma sgraziata di queste
frittelle di grano saraceno, sta ad indicare, nel dialetto locale, i rospi.
Ma da quando i tellini mangiano questi gustosissimi pizzoccheri?
Ortensio Landi nella sua opera "Catalo dell'inventario delle cose che si
mangiano, et delle bevande c'heggedì s'usano", stampato a Venezia nel 1548,
scrive:
"Meluzza comasca: fu l'inventrice di mangiar lasagne, maccheroni con
l'aglio, spetie, et cacio, di costei fu anche l'inventione di mangiar
formentini, lasagnuole, pinzocheri, vivarmolo: morì di penta et
honorevolmente sepolita"
Secondo
Giuseppe Baretta, ricercatore della Biblioteca Nazionale Braidense, i
"PINZOCHERI, oggi chiamati pizzoccheri fatti con il grano saraceno già
si gustavano ai tempi della Meluzza, che fu l'inventrice, una donna che di
cucina la sapeva lunga.
I comaschi non erano solo la gente di Como e d'intorni, ma dir comaschi
voleva dire tutta la popolazione del lago fin su la Valtellina, dove si
estendeva la diocesi comasca.
Il grano saraceno veniva dunque usato nella cucina già dal secolo XIV,
assieme agli altri cereali: miglio, orzo, panico, avena.
La Meluzza diede a questo cereale più gusto aggiungendovi cacio, burro,
verdure. Oltre ai pizzoccheri ecco la polenta taragna fatta anch'essa con il
grano saraceno, senz'altro ancor prima dei pizzoccheri. Patria dei
pizzoccheri l'alta Valtellina, con capitale Teglio."
La storia testimonia infatti che nel 1192 l'imperatore Enrico VI impose a
Teglio l'ubbidienza alla ghibellina Como. I secoli che succeddettero, sino
ad arrivare al trattato di Alleanza con i Grigioni nel 1512, furono un
susseguirsi di domini: ora i guelfi di Milano, ora i ghibellini comaschi.
Ricordiamo che ancora oggi la Valtellina è sotto l'arcivescovado di Como.
Altra notizia storica da non sottovalutare è naturalmente la visita di
Ortensio Lando presso la famiglia Besta di Teglio nel 1500. Si suppone
quindi che in quella occasione degustò i famosi pizzoccheri di Teglio.
Nell'approfondito studio effettuato dalla Professoressa Nella Credaro Porta
(Mondo Popolare in Lombardia Sondrio e il suo Territorio Silvana editore)
troviamo numerosi altri documenti che fanno riferimento a questa pietanza.
Nel 1798 nella opera di Lehmann "Die Republik Graubunden", che quindi
riguarda l'area dei Grigioni, di cui la Valtellina era parte, con un preciso
riferimento alla Ns zona troviamo:
(...) il contadino benestante vive bene. Consuma infatti i prodotti
della sua terra. Latte, formaggio e burro sono serviti ogni giorno in
abbondanza.
La polenta, il Malonz , la zuppa di formaggio, i Perzockel, la Minestra e il
Tasch sono i suoi piatti preferiti per il giorno di magro.(...) I "Perzockel"
sono una sorta di tagliatelle fatte di farina e di due uova.
La pasta vien cotta nell'acqua, poi si aggiunge il burro e si sparge subito
il formaggio grattato.(...)
Anche nella seconda metà dell'800
vi son testi che parlano dei pizzoccheri:
(...) Vi si fa gran d'uso di farinacei e di certe paste grossolane
che si cospergono con butirro e formaggio a guisa di tagliatelli, dette
Pizzoccheri, delle quali vanno assai ghiotti i Sondriesi (...)
(Tratto da Nella prima metà dell'800 i contadini mangiavano…"Tipografia
statistico-medica della Prov. Di Sondrio" di Ludovico Balardini, Testo
presente in UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO di Luigi de Bernardi 1994).
Le notizie più precise relative ai Pizzoccheri di Teglio le riscontriamo nel
1889 con Bartolommeo Besta, medico condotto tellino, attraverso il suo
manoscritto "la inchiesta Jacini" (Inchiesta agraria e sulle condizioni
della classe agricola nel 1882).
Attraverso la sua testimonianza, perciò, possiamo individuare un modello di
alimentazione dei produttori agricoli delle nostre valli. Sistema di
approvigionamento che è basato sull'autoconsumo dei propri prodotti. Secondo
il Besta i 3 piatti che come ingrediente base avevano il grano saraceno
erano:
(...) "Tagliatelli, detti Pizzoccheri, bolliti nell'acqua e poi
conditi asciutti con buona dose di cacio e di burro, la polenta taragnia e
gli sciatt o chiscioi" (...)
Queste venivano inoltre considerate delle speciali pietanze.
Sempre secondo la Professoressa Nella Credaro Porta "I PIZZOCCHER
sono stati e sono il piatto più importante della zona che va da Grosio a
Castione, con epicentro a Teglio, ed era anche un piatto non dei contadini
più poveri, in quanto presupponeva la lavorazione su un tavolo, che non
sempre esisteva nelle case modeste. Si tratta di tagliatelle grossolane di
farina bianca e di grano saraceno in parti che variano a seconda dei paesi.
Cotti in abbondante acqua salata in cui sono poste patate o verze e o coste
a pezzi, i pizzoccheri vengono scolati con il mestolo bucato e conditi a
strati con il formaggio semigrasso a fette, formaggio di grana e sopra burro
abbondante fitto ben scuro con aglio (...)"
I contadini più poveri, la Prof.ssa Nella Credaro Porta cita ad es.
Baruffini, per ovviare all'inconveniente di non possedere il tavolo per
tirare la sfoglia, si preparava la pasta come per i pizzoccheri, se ne
prendevano tra le mani dei pezzettini e si dava la forma di gnocchetti con
il cucciaio e quindi si cuocevano e si condivano come i pizzoccheri.
Anche nel XX secolo riscontriamo numerose testimonianze relative ai
Pizzoccheri di Teglio.
Nel testo ANDAR PER CROTTI (Epicuro 1956-Editrice), libro pubblicato dalla
Associazione dei Valtellinesi di Milano, "Epicuro invita i turisti a
seguirlo nelle peregrinazione per i crotti e le cantine della Rezia
Cisalpina, che, nel nome antico, comprende la Val Chiavenna e la Valtellina
propriamente detta". Si racconta quindi il viaggio gastronomico di Epicuro,
il Barone prof. Giani De Valpo, valido medico e uomo di vasta cultuta, con
un gruppo di compagni: avv. Carlo Accetti, presidente della "Famiglia
Artistica" di Milano; rag. Roberto Samaden, presidente dell'"Associazione
dei Valtellinesi" a Milano; ing. Arturo Ferrario; il pittor Novello; il
dott. Lino Dassogno; ing. Carlo Silvestri ed il "buontempone" Fent.